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domenica 13 maggio 2012

E SE IL QUADRO DELLA CRISI ECONOMICA FOSSE UN FALSO DI AUTORE?

E SE IL QUADRO DELLA CRISI ECONOMICA FOSSE UN FALSO DI AUTORE?

di
Daniela Zini


Da ultimo, la sociologia scruta, attentamente, i sondaggi elettorali.
Per il grande pubblico, i sondaggi si sbagliano nelle loro previsioni, ma uno sguardo più attento rivela che, forse, non è, proprio, così.
I sondaggi, anche se formulano previsioni giuste, producono nella società, che li consuma, autorealizzazioni e autonegazioni, che modificano il risultato finale delle elezioni.
I partiti politici si sono volti verso questi strumenti, che, convenientemente, utilizzati possono far vincere o perdere le elezioni.
Si tratta allora di chiederci:
“Noi siamo altrettanto manipolabili?
Esiste in sociologia una teoria chiamata dell’autorealizzazione che afferma che se una previsione errata è resa pubblica ed è considerata come vera dai membri di una società, questa profezia si realizzi. A esempio, immaginiamo uno scenario economico, in cui tutto indichi che la crescita si mantenga e, nel contempo, il ministro dell’economia lanci un falso annuncio, che riveli che siano stati percepiti segnali di rallentamento della crescita e di una probabile crisi.
Ciò è evidentemente falso, ma proviene da una fonte socialmente attendibile.
Dall’annuncio pubblico del messaggio, è possibile che, per precauzione, chi avrebbe voluto investire in un nuovo affare non investa e chi avrebbe voluto fare un acquisto importante non lo faccia.
Quale conseguenza del rallentamento degli investimenti e del consumo, sorge la crisi.
La profezia era falsa, ma si è autorealizzata.
La politica non sfugge a questo fenomeno e cerca anche di profittarne.
Nelle democrazie, dette occidentali, gli elettori si dividono in due gruppi: quelli che hanno un voto deciso, invariabile e non si astengono quasi mai, e quelli chiamati gli indecisi, che votano in modo variabile. La struttura del sistema elettorale, coniugato a diverse circostanze politiche, fa in modo che la maggioranza del gruppo sociale degli elettori decisi si divida tra i due grandi partiti di centro-sinistra e di centro-destra, quelli che sono i soli in grado di “prendere il potere”.
Ma la loro vittoria dipende da un altro gruppo sociale: gli indecisi.
Conoscendo le teorie dell’autorealizzazione, non è sorprendente constatare che la maggior parte degli studi sociologici abbia rivelato che questo voto, indeciso fino all’ultimo minuto, vada, infine, al partito che ha più possibilità di vincere. Quello che è – se non in caso di disastri e di crisi – il partito al potere.
A patto che la vita dell’indeciso sia relativamente tranquilla, il suo voto, se vota, andrà, quasi sempre, al governo.
È la ragione per cui è così difficile “far sloggiare” un partito al potere, fuorché nei casi di scomparsa di detto partito, di crisi economica o istituzionale, di guerra o di disastro naturale. E, anche in questi casi, l’elettore indeciso preferisce l’astensione all’opposizione.
Le previsioni si autorealizzano e la presunzione di vittoria produce la vittoria.
Per questa ragione, ogni gruppo mediatico o politico gonfia i sondaggi a suo favore.
O almeno ciò dovrebbe essere così.
Ma non è così semplice, perché esiste anche un fenomeno chiamato: autonegazione.
Proclamare la propria vittoria è, dunque, necessario, ma rischioso.
I due grandi partiti politici di qualsiasi democrazia occidentale si battono per i voti centristi, ciò che è la forma politicamente corretta per indicare gli indecisi. Nella loro ricerca del centro, leggono i sondaggi, cercano forme per autorealizzare risultati favorevoli e lanciano messaggi semplici, poco rischiosi per timore dell’autonegazione.
A poco a poco, i sondaggi, le loro autorealizzazioni e le loro autonegazioni occupano la biblioteca e prendono il posto delle ideologie e dei progetti.
Io non sono una esperta in questioni economiche e finanziarie e neppure una adepta del complotto permanente, cui i cittadini sarebbero confrontati… per cui mi chiedo:
“E se la crisi finanziaria non servisse che a smantellare gli ultimi servizi pubblici e a addomesticare i salariati?”
È dall’inizio della crisi finanziaria che ho il sospetto – alcuni lo giudicheranno, forse, naïf – che questa crisi non abbia che due vere funzioni, due grandi obiettivi:
-         indurre i Paesi, che ne forniscano ancora, a smantellare, definitivamente, gli ultimi servizi sociali, a venderli, che si tratti di trasporti, di distribuzione di energia, di poste, di salute, di protezione sociale, ecc. Una vendita che li renderebbe miracolosamente redditizi a spese del “servizio” reso. La privatizzazione e la riduzione del deficit fanno parte delle condizioni – di fatto, esigite – per aiutare Paesi o garantire i loro debiti. Nelle condizioni imposte, io non ho sentito parlare – probabilmente non sono stata abbastanza attenta – di aumento di esazioni per le imprese o le banche, imposto dalla Banca Centrale Europea, dal Fondo Monetario Internazionale o dalla Riserva Federale Americana;  
-         indurre i salariati ad accettare sempre più elasticità e sempre più flessibilità, per riprendere quelle parole strane che caratterizzano, in effetti, un nuovo diritto di licenziamento più “spiccio”. E sempre meno protezione sociale e indennità di disoccupazione.
Poi, escluse alcune persone, banche e istituzioni, che potrebbero bruciarsi giocando con il fuoco, tutto tornerebbe normale… ma non per salariati e pensionati.
Agli economisti dire se io farnetico, a causa dell’effervescenza della febbre, o pongo due buoni interrogativi?


Daniela Zini
Copyright © 13 maggio 2012 ADZ











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