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Informazioni personali

lunedì 15 ottobre 2012

LETTERE DALL'IRAN: LETTERA DI SHIRIN ALAM HULI


 LETTERE DALL’IRAN
Oggi vi propongo la traduzione della:

LETTERA DI SHIRIN ALAM HULI
prigioniera politica curda, giustiziata, il 9 maggio 2010, insieme a  Farzad Kamangar, Ali Heydarian, Farhad Vakili e Mehdi Eslamian



Sto entrando nel mio terzo anno di carcere, tre anni nelle peggiori condizioni, dietro le sbarre della prigione di Evin.
Ho trascorso i primi due anni senza un avvocato in carcere preventivo.
Tutti gli appelli sulla mia vicenda sono restati senza risposta, finché sono stata, ingiustamente, condannata a morte.
Perché sono stata imprigionata, perché sto per essere giustiziata?
Per quale crimine?
Perché sono curda? 
Se è per questo, io sono nata curda, io parlo curdo, il curdo è la lingua che uso per esprimermi in famiglia, con gli amici e la comunità, è la lingua con la quale sono cresciuta. Ma non ho il diritto di parlarla o di leggerla, non ho il diritto di studiare nella mia lingua e non ho il diritto di scriverla.
Mi chiedono di rinnegare la mia identità curda, ma se io lo facessi, rinnegherei me stessa.
Signor giudice e signor inquirente, quando voi mi interrogavate, io non parlavo la vostra lingua e non la comprendevo.
Ho appreso il persiano, nei due anni che ho passato nella sezione femminile dalle mie compagne di cella. Ma voi mi avete interrogato, giudicato e condannato nella vostra lingua, anche se non comprendevo e non potevo difendermi.
Le torture, cui mi avete sottoposto, sono divenute il mio incubo.
Soffro, costantemente, a causa delle torture subite.
Le percosse al capo, durante gli interrogatori, mi hanno causato seri problemi.
Soffro di forti emicranie, che mi causano perdite di coscienza e sanguinamenti dal naso per il dolore.
Passano ore prima che io riprenda i sensi.
Un altro “regalo” che le vostre torture mi hanno lasciato, è un problema agli occhi che peggiora, di giorno in giorno.
La mia richiesta di occhiali è rimasta inevasa.
Quando sono entrata in prigione, i miei capelli erano neri.
Dopo tre anni di prigione, sono divenuti bianchi.
So cosa mi avete fatto.
Lo avete fatto a tutti gli altri curdi, quali Zeinab Jalalian e Ronak Safarzadeh…
Le madri curde hanno gli occhi gonfi di lacrime, nell’attesa di vedere i propri figli. Sono, costantemente, angosciate e sobbalzano a ogni telefonata che potrebbe annunciare loro l’esecuzione dei propri figli.
Oggi, 2 maggio 2010, mi hanno, di nuovo, portato al blocco 209 della prigione di Evin per l’interrogatorio. Mi hanno chiesto di cooperare in modo da essere perdonata e non giustiziata. Io non comprendo cosa intendano dire con cooperare, poiché non ho altro da dire al di fuori di quello che ho, già, detto.
Vogliono che io ripeta tutto quello che mi suggeriscono, ma io mi rifiuto di farlo.
Gli inquirenti mi hanno detto:
“Noi volevano rilasciarti, lo scorso anno, ma la tua famiglia non ha voluto cooperare e siamo giunti a questo.”
Mi hanno detto che sono un ostaggio e che, fino a quando non raggiungeranno il loro scopo, mi terranno prigioniera o mi giustizieranno, ma mai mi rilasceranno.
Shirin Alam Huli, 3 maggio 2010
Serkeftin (Vittoria, in curdo)


traduzione di Daniela Zini
Copyright © 15 ottobre 2012 ADZ
        
   



domenica 7 ottobre 2012

PEDOFILIA: L'INFANZIA NEGATA E VIOLATA I. CHE COSA SI INTENDE PER PEDOFILIA?



PEDOFILIA:
L’INFANZIA NEGATA E VIOLATA



“Les grandes personnes ne comprennent jamais rien toutes seules, et c’est fatigant, pour les enfants, de toujours et toujours leur donner des explications.”
Antoine de Saint-Exupéry, Le Petit Prince

Pour Toi

Au début j’étais amoureuse
De la splendeur de tes yeux,
De ton sourire,
De ta joie de vivre.

Maintenant j’aime aussi tes larmes
Ta peur de vivre
Et le désarroi
Dans tes yeux.

Mais contre la peur
Je t’aiderai,
Car ma joie de vivre
Est encore la splendeur des tes yeux.

Rome, le 11 août 2011

Cari Ragazzi, 
mentre guardavo questo filmato [http://www.youtube.com/watch?v=zNUxq8rI6lM&feature=player_embedded] ho pensato a Voi Ragazzi, piccoli e grandi dei cinque continenti, Voi, che siete pieni di vita, che studiate, che giocate, che lavorate…
Voi siete gli animatori delle nostre case, delle nostre aule, nel mondo intero…
Sì, ho pensato, subito, a Voi, perché Voi siete sensibili e attenti al dolore e alle sofferenze di quei Ragazzi che, in questo stesso momento, sono, in strada, gli occhi impauriti, pieni di dolore, in cerca della loro famiglia, di un segno di vita e di un senso di tutto ciò che accade loro.
Io mi rivolgo a Voi perché Voi siete generosi, capaci di gesti coraggiosi.
La gatta ama i suoi piccoli. Ma non li distingue più, una volta che sono divenuti adulti. Invece, nel corso del suo cammino, l’uomo è, costantemente, obbligato a scegliere.
Può decidere di far mangiare, prima di lui, la persona che ama.
Mi piace ripetere questa frase:
“L’uomo è l’immagine di Dio.”
Alcuni ci scherzano su, rispondendo:
“Beh, allora Dio non è molto bello!”
Ma io paragono l’uomo a Dio come il sigillo che viene impresso nella cera. Non conosco il timbro, forse, non lo vedrò mai, ma se osservo, con attenzione, me stessa in profondità, scopro l’infinito. L’uomo è immagine di Dio in negativo, perché tutto ciò che grida in lui, tutto ciò che tende a superare la legge naturale, che è soggetta a istinti brutali, rappresenta una scelta.
Non esiste la generosità istintiva.
Se non esistesse nel cosmo quella piccola nullità che è l’uomo, dotato della libertà che gli permette o di raccogliere, da egoista, tutto ciò che trova, anche a scapito degli Altri, o di sforzarsi di aiutare il prossimo a condurre una vita migliore; se non vi fossero gli esseri umani, che non sono altro che polvere infinitesimale del cosmo, l’universo nella sua totalità sarebbe assurdo.
E questo che cosa significa?
Se la libertà non fosse in grado di sprigionarsi in qualche momento cruciale – quel momento che io chiamo attenzione – la vita sarebbe assurda…
 Io Vi domando di trasmettere questo messaggio alle Vostre famiglie, alle persone del Vostro quartiere, alla Vostra scuola, affinché la catena di solidarietà cresca nel mondo intero e divenga un segno di speranza e di amore concreto.
 Io sono sicura che il Vostro cuore Vi suggerirà le parole per fare delle Vostre case, delle Vostre scuole, luoghi di solidarietà.
Restiamo uniti con tutti i Ragazzi del mondo e tra noi: l’unione fa la forza!
Vi ringrazio di cuore.
Crediate in tutto il mio affetto.

Daniela Zini

“È difficile immaginare un ostacolo più grande di quello rappresentato dal commercio sessuale di bambini nel cammino verso la realizzazione dei diritti umani. Eppure la tratta dei bambini è solo un elemento del problema ancora più diffuso e profondamente radicato degli abusi sessuali. Milioni di bambini in tutto il mondo sono sfruttati per il sesso a pagamento. Acquistati e venduti come un qualsiasi bene, fatti oggetto di commercio all’interno e all’esterno dei confini nazionali, gettati in situazioni quali i matrimoni forzati, la prostituzione e la pornografia infantile. Molti di loro subiscono danni profondi e, talvolta, permanenti. Il normale sviluppo fisico ed emotivo viene compromesso, come pure l’autostima e la fiducia. Alla stragrande maggioranza viene, anche, negato il diritto all’istruzione come pure il minimo momento di divertimento e gioco.”
con queste parole il direttore generale dell’UNICEF Carol Bellamy presentava il Rapporto sullo Sfruttamento Sessuale dei Bambini, pochi giorni prima dell’apertura del secondo Congresso Mondiale contro lo Sfruttamento Sessuale dei Bambini (http://www.unicef.org/events/yokohama/index.html), svoltosi a Yokohama tra il 17 e il 20 dicembre 2001.
Ho constatato, nelle mie investigazioni, che la pedofilia è un tema difficile da affrontare, ambiguo e soggetto a polemica. Osare parlarne è darsi la possibilità di trattare e dominare, in profondità, il problema dell’abuso sessuale per meglio combatterlo.
Possano i nostri bambini attraverso l’informazione, la prevenzione, divenire più forti e meglio protetti all’esterno e all’interno dell’ambiente familiare.
La vulnerabilità e l’innocenza dei bambini sono abusate, deliberatamente o no, da aggressori sessuali per saziare desideri devianti compulsivi o da pedosessuali incoscienti.
La mia speranza è di aiutare i bambini, facendomi loro portavoce, per proteggerli come avrei voluto essere protetta, io stessa, da abusi di altro genere, quando ero una bambina.
Parafrasando una frase dell’Esodo, in merito alla schiavitù d’Egitto del popolo di Israele:
“Vidi la sofferenza dei bambini e me ne sono presa cura.”

I. CHE COSA SI INTENDE PER PEDOFILIA?


di
Daniela Zini


Che cosa si intende per pedofilia?
La pedofilia non va confusa con l’attrazione sessuale per gli adolescenti, efebofilia o ninfofilia. Alcuni pedofili sono anche efebofili o ninfofili, ma tutti gli efebofili o ninfofili non sono pedofili. 
Nella classificazione internazionale delle malattie (Organizzazione Mondiale della Sanità), la pedofilia è definita come una preferenza sessuale per i bambini, generalmente di età prepubere (meno di 13 anni) o all’inizio della pubertà. Da parte loro, le autorità legali di diversi Paesi ricorrono a una definizione più ampia per includervi gli adulti che hanno attrazione sessuale per soggetti che la legge considera bambini o giovani adolescenti. Tuttavia, circoscrivere la parola stessa di pedofilo è difficile.
Troppe ambiguità restano a tale proposito: ambiguità ancestrale della reazione sociale e di alcune istituzioni al servizio dell’infanzia; ma anche ambiguità del pedofilo con i suoi alibi pseudo-affettivi, i suoi sotterfugi professionali; ambiguità della sua vittima che può offrire un consenso apparente; e ancora, ambiguità del corpo medico e della giustizia. Infine, la difficoltà di definire la pedofilia risiede nel suo doppio status, al tempo stesso, legale, in quanto infrazione, e medico, in quanto turbativa della preferenza sessuale.     
La grande maggioranza dei pedofili sono uomini, ma la proporzione di donne pedofile resta difficile da valutare, perché la loro pedofilia può esprimersi in modo molto più discreto rispetto agli uomini.
Si trovano pedofili in tutti gli strati della società. 
Alcuni sono attratti unicamente da bambini, altri da bambine, altri da bambini di entrambi i sessi, con o senza una preferenza per l’uno dei due. Certi pedofili sono attratti da bambini appartenenti a fasce di età ben precise, altri sono sensibili a tali o tali altri tratti fisici particolari (capelli, tratti del volto, costituzione fisica, voce).
Esistono pedofili esclusivi (attratti, unicamente, dai bambini), pedofili preferenziali (attratti, soprattutto, dai bambini), pedofili non preferenziali (attratti, soprattutto, dagli adulti o dagli adolescenti, ma anche dai bambini).
Sembrerebbe che le attrazioni pedofile specifiche siano molto più diffuse di quanto si creda. La presenza di queste attrazioni specifiche non implica, tuttavia, che le persone interessate siano pedofile, poiché la pedofilia suppone l’idea fissa e il carattere ricorrente dei fantasmi sessuali che implicano i bambini.
Il fatto che il termine pedofilia designi una attrazione sessuale tende a far dimenticare che questa attrazione sia accompagnata, non sempre, ma frequentemente, da una attrazione affettiva. Esistono, così, molti pedofili innamorati. E, proprio perché amano i bambini,  alcuni fanno la scelta di non passare all’atto. Conviene, in tale caso, fare leva sull’esistenza di questo sentimento per aiutarli nella loro decisione di proteggere i bambini. Per alcuni pedofili, la loro attrazione fa parte integrante della loro personalità e vivono in armonia con questa. Per altri, la presenza di tale attrazione è un elemento perturbatore, fonte di angoscia, di colpevolezza e di vergogna.
Tutti i pedofili non passano, dunque, all’atto.
Per designare gli adulti che hanno relazioni sessuali con i bambini, alcuni utilizzano il termine pedosessuali. Un pedofilo non è, necessariamente, un pedosessuale e tutti i pedosessuali non sono, necessariamente, pedofili.
Gli “scarti”, passaggi all’atto incontrollati, riguardano, spesso, i pedofili passivi.
Ma possono essere atti pienamente volontari.
Si possono distinguere tre grandi tipologie di pedofili, in funzione del modo in cui si pongono rispetto al passaggio all’atto:
-         i pedofili astinenti, che hanno fatto una scelta voluta di non avere relazioni sessuali con i bambini;
-         i pedofili passivi, per i quali l’assenza di passaggio all’atto non è il frutto di una scelta voluta, ma il risultato di fattori indipendenti dalla loro volontà (inibizioni sessuali, paura della prigione o dell’esclusione);
-         i pedofili attivi, che sono pronti a passare all’atto (sia che ne attendano l’opportunità, sia che ne cerchino, attivamente, l’occasione, fornita da un numero più o meno grande di condizioni).
Si possono distinguere, così, tre grandi tipologie di pedosessuali:
-         i pedosessuali violenti, che non esitano a ricorrere a tutte le forme di costrizione: violenza, minacce, ricatto, manipolazioni. Non provano generalmente alcun rimorso né alcun sentimento per il bambino;
-         i pedosessuali non violenti, che preferiscono ricorrere alla astuzia e alla seduzione, ma sono indifferenti alle conseguenze psicologiche per il bambino;
-         i pedosessuali “in buona fede”, che pensano, sinceramente, che i rapporti sessuali, che i bambini accettano di avere con loro, non siano loro imposti e non misurano, dunque, la natura dei rischi che fanno loro correre.
Dati inquietanti ci indicano l’ampiezza del problema degli abusi sessuali commessi sui ragazzi. Come nel caso degli abusi sessuali commessi sulle ragazze, non è esagerato parlare di un flagello. Numerose ricerche recenti stimano che almeno un ragazzo su sei è vittima di abusi sessuali, con contatto fisico tra l’abusatore e la vittima, prima di raggiungere l’età di diciotto anni. Se la definizione dell’abuso sessuale è ampliata a comprendere l’esposizione precoce a giochi sessuali con persone adulte, a materiale pornografico e a esibizionismo, le cifre sono allora più elevate e vanno da uno su quattro a uno su tre.    
Le conseguenze dell’abuso sessuale non sono meno numerose, né meno serie, né meno invasive o ancora meno penose da vivere per l’uomo di quanto non lo siano per la donna. Nel numero degli effetti più frequentemente incontrati, menzioniamo l’ansia e la confusione identitaria e sessuale, l’amnesia della propria infanzia, la difficoltà, perfino, l’incapacità di dare fiducia a se stesso e agli altri, diversi disordini del sonno, la compulsione sessuale, la disfunzione sessuale, l’incapacità di sostenere l’intimità nelle relazioni, l’abuso di sostanze psicotrope, la sur-performance e la sous-performance a livello professionale, ecc. Tenuto conto dell’ampiezza delle conseguenze vissute, saremmo portati a credere che gli uomini ne parlerebbero e si consulterebbero molto di più per arrivare a sentirsi meglio nella loro pelle. In effetti, le componenti del processo di socializzazione dei ragazzi permettono di comprendere, meglio, la difficoltà degli uomini a ricorrere all’aiuto, in particolare, quando si tratta di abusi sessuali. Contribuiscono a fare in modo che gli uomini, nel corso del loro sviluppo, e questo, fino all’età adulta, tendano a negare il fatto che le esperienze sessuali precoci, che hanno vissuto, li abbiano grandemente disturbati. 
I messaggi che l’adolescente riceve, nel corso del suo sviluppo, lasciano, il più sovente, intendere, che l’uomo è, più difficilmente, percepito come vittima di un atto sessuale abusivo che non come autore potenziale di una aggressione. Inoltre, numerosi sono i messaggi che riceve il bambino che lo inducono ad accordare un valore positivo a ogni esperienza precoce della sessualità; tenta, così, di convincersi che fosse il caso, perfino in seguito ad abusi. Apprende, egualmente, che il maschio deve prendere iniziative in fatto di sessualità, pena non essere considerato un vero uomo. Anche qui, una trappola è tesa al bambino e, il più sovente, ne resterà prigioniero nell’età adulta. Non solo potrà interpretare i contatti sessuali dell’infanzia o dell’adolescenza, benché non desiderati, come esperienze che fanno parte di un percorso di vita particolare, perfino privilegiato, ma potrà anche tentare di convincersi di aver, forse, provocato lui stesso i contatti sessuali. Senza contare che, spesso, l’abusatore avrà tentato di rendere la sua vittima responsabile dei propri atti. Il bambino o adolescente abusato uscirà da queste esperienze con un grande senso di responsabilità che si trasformerà rapidamente in un senso di colpa. La vergogna, profondamente ancorata, di chi è e di quello che vive o ha vissuto lo invaderà così rapidamente.
L’impatto di queste esperienze sessuali, per le quali non aveva raggiunto la maturità fisica, affettiva ed emozionale adeguate, si lascia ancora sentire nell’età adulta, perfino avanzata. E la parola “impatto” è qui appropriata, poiché il bambino, che subisce una forma di abuso sessuale, si ritrova in uno stato di choc, che vive, il più sovente, da solo. La conseguenza degli abusi sessuali corrisponde, allora, alle onde che si riverberano, negli anni, nella camera scura e isolata, che diviene la vita della persona.
Il ragazzo apprende, così, che un vero uomo deve essere in grado di regolare i suoi problemi da solo… tutti i malesseri e tutta la confusione che accompagnano il vissuto degli abusi sessuali… deve vedervi chiaro da sé, sbarazzarsene con i propri mezzi, a rischio di non pervenire ad acquisire una percezione positiva da sé. Questa prescrizione sociale si rivela – e a ragione! – troppo pesante da assorbire e ne consegue, a vari gradi, una perdita della stima di sé, di fiducia in sé, un sabotaggio più o meno pernicioso e cronico della propria vita. L’uomo conosce, allora, tutti i tormenti della depressione e delle sue ramificazioni ed espressioni; o ancora, nella speranza di conservare l’immagine dell’uomo forte e controllato, non si dà accesso che all’emozione e al sentimento consentiti ai veri uomini: la collera e l’aggressività, con tutti gli atti delinquenziali e violenti a queste connessi.
Esige grande coraggio da parte degli uomini adulti aprirsi sul soggetto degli abusi sessuali di cui sono stati vittime. Quelli che lo fanno, e sono sempre più numerosi, hanno dovuto, spesso, attendere dieci, venti, trenta e, perfino, quaranta anni o più, prima di affrontare con altri il passato doloroso che hanno conosciuto nell’infanzia. Alcuni hanno tentato di farlo nel momento in cui gli abusi hanno avuto luogo o poco dopo, ma sono molto numerosi quelli che non ne hanno raccolto che biasimo e rimprovero, se non, puramente e semplicemente, rifiuto e incredulità.


Daniela Zini
Copyright © 7 ottobre 2012 ADZ