LETTERE DALLA SIRIA
Lettera 11
24 aprile 2012
Prima di essere trasferita alla scuola
dove lavoro attualmente, io insegnavo in uno stabile dalla scolaresca omogenea:
la maggioranza dei miei allievi erano figli di soldati e di ufficiali
dell’esercito.
La vigilia delle vacanze dell’‘Eid al-Fitr,
che segna la fine del mese del Ramadan, entrai nella mia classe di quarta.
Non vi trovai che dieci alunni, un numero
inferiore a quello richiesto per fare lezione.
Uno di loro propose, allora, che Haydar ci
cantasse qualcosa.
Mi sedetti in un banco e Haydar prese il
mio posto.
Intonò la
sua canzone.
Era una canzone rap.
Aveva una bella voce, ma le parole mi sconvolsero:
“Andremo tutti a ucciderli, con la spada
dell’Imam Ali, ci vendicheremo, li stermineremo…”
E altre cose del genere.
L’incredibile è che i suoi compagni ripetevano
le parole dietro di lui.
Chiesi loro chi fosse il cantante.
Mi dissero il suo nome.
Aggiunsero che le sue cassette si
trovavano ovunque sul mercato di Massaken, il quartiere abitato dagli ufficiali
dell’esercito e dei servizi segreti.
L’indomani, il primo giorno della festa di
rottura del digiuno, si decise di andare a visitare alcune famiglie di martiri.
In una di queste, trovammo Mohammed, che aveva
la stessa età di Haydar. Sua madre ci disse che aveva preso il posto di suo
padre e che, ormai, era lui “l’uomo di casa”.
Tredici anni di età, non era andato a
scuola quell’anno.
Non aveva aperto neppure un quaderno a
causa di quanto era accaduto a suo padre.
Su richiesta di sua madre, ci mostrò il
video in cui si vedeva in quali condizioni avessero riportato a casa il
cadavere di suo padre, due giorni dopo il suo arresto.
Il bambino si comportava come un uomo.
Ci mostrò le immagini, indicando con il cursore
del mouse i punti del cadavere, come fosse stato un medico legale.
Mostrò il volto sfigurato di suo padre.
Le orbite vuote al posto degli occhi.
Ci spiegò come avessero fracassato le sue
ginocchia, ci mostrò le tracce dei chiodi sulle sue braccia, il suo petto squarciato…
Volsi lo sguardo.
Guardai il bambino.
Guardavo Mohammed e pensavo al mio allievo
Haydar, che aveva la sua stessa età e gli somigliava così tanto!
(traduzione di Daniela Zini)
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