LETTERE DALLA SIRIA
Lettera 6
5
luglio 2012
La
mia amica, che viene da Lattaquié, mi parla dell’atmosfera che vi regna. Mi
dice che avrà presto una crisi cardiaca, perché non può aprire bocca.
Mi
ha raccontato che le persone del suo villaggio la hanno minacciata di rapire i
suoi due figli e di rinchiuderla in una cantina, se continua a dimostrare simpatia
per i terroristi che “vogliono la loro caduta e quella dello Stato”, come
dicono.
La
mia amica mi ha detto che è pessimista e che non vi è uscita da questo vicolo
cieco in cui ci troviamo. Ma sua figlia, una adolescente, l’ha tratta in
un’altra stanza. È tornata e mi ha sussurrato all’orecchio:
“Mia
figlia mi ha rimproverato per i miei propositi disfattisti. Mi ha detto,
parlando di te:
“Lei,
non ha nessuna notizia del marito in carcere. Ha lasciato la sua casa con i
suoi figli. E, tuttavia, guarda come è fiduciosa!”
Questa
sera, una amica di Duma mi ha telefonato. Sono settimane che è fuggita di casa.
Abita, oggi, a Harasta. Mi ha chiamato per prodigarmi i suoi consigli e
aiutarmi ad attraversare questa crisi.
“Io
avrei voluto venire a trovarti”,
mi
ha detto,
“ma
mio fratello e i suoi due giovani figli sono scomparsi, ieri. Sono andati a dare
uno sguardo alla loro casa a Duma. L’avevano lasciata da una settimana. Ma non
sono tornati. Si dice che siano stati rapiti da sconosciuti.”
E,
così, ha concluso la conversazione:
“Non
stare preoccupata... Almeno, tu, tu sai dov’è tuo marito!”
(traduzione di Daniela Zini)
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